Alessandro Gallo, direttore del Castello di Albola, ha avuto un’intuizione vincente in un momento di stanchezza del racconto del vino, figlia di una crisi che abbraccia il settore per una produzione mondiale in surplus rispetto alle scelte dei nuovi consumatori. Il vino non come prodotto assoluto, bensì come elemento di stile di vita, quello che dall’estero spinge milioni di persone ogni anno a volare da ogni continente per saggiare i ritmi, i profumi, i gusti del Belpaese. Il Castello di Albola ogni anno accoglie 25.000 visitatori, un numero che consente di avere il polso delle tendenze di chi visita l’Italia e le colline toscane.
Il Castello, parte di un borgo medievale, appartiene al gruppo Zonin, attento a trend ed evoluzioni globali (dietro il vino di Kylie Minogue ci sono loro, tra i vini no alcool alla conquista del 30% del mercato arabo anche). Con la curatela di Fabio Calvetti e Armando Xhomo, da settembre fanno dialogare il vino con l’arte, un’idea tutt’altro che nuova (molte cantine si appoggiano all’arte per generare storytelling), qui però proposta con rigore: una mostra, Dialoghi Paralleli, allestita tra botti e barrique aperta agli ospiti fino al 31 dicembre 2024.
Inaugurata negli scorsi mesi, vede protagonisti gli artisti Vittoria Palazzolo e Alain Bonnefoit, in un’alternanza di nudi sinuosi e raffinati, e profili umani potenti. Presente all’evento anche Carlo Motta, responsabile Libri Editoriale Giorgio Mondadori, che abbiamo coinvolto nella nostra intervista per indagare se il marketing del vino rischia di abusare dell’arte.
Alessandro Gallo, perché avete scelto di accostare i vostri vini ad una mostra d’arte?
“Il tema dell’arte non è solo un invito a vedere il Castello di Albola, è un tema del nostro brand legato al lifestyle. L’arte ci dà l’opportunità di dare espressione a questo aspetto, ospitando nelle nostre cantine qualcosa che non è vino.
Avremmo potuto scegliere altri temi, come lo sport, ma al Castello di Albola ci siamo resi conto che la nostra identità è completata dall’arte. Il brand per noi è espressione di un modello di lifestyle che al suo interno ha diverse espressioni umane coerenti tra loro. Vogliamo avvicinare mondi complementari che abbiano lo stesso consumatore, e che gli diano la possibilità di scoprire qualcosa di analogo che fa parte della propria esistenza. L’arte al Castello di Albola interessa molto il nostro consumatore sia italiano che internazionale. Già nella scorsa esposizione (Dialoghi paralleli è la seconda edizione dell’iniziativa n.d.r.), abbiamo avuto feedback molto positivi da visitatori inglesi e americani che non si aspettavano di vedere qui delle opere esposte, eppure le hanno trovate coerenti con ciò che rappresentiamo.
25.000 mila visitatori giungono ogni anno a Castello di Albola: è un luogo che appassiona per la sua bellezza, l’architettura caratteristica del borgo medievale e la cultura vitivinicola che custodisce da generazioni. Quest’esposizione artistica è parte di un percorso più ampio: un cammino volto a dare più valore al territorio, alla sua eredità, alla sua identità e alle sue tradizioni. Noi che custodiamo questi luoghi per le generazioni future abbiamo il dovere di continuare a promuovere questi scambi così da interpretare insieme il patrimonio che abbiamo ereditato”.
Arte e vino non è un binomio nuovo.
Per distinguere la progettualità dallo storytelling destinato al marketing, abbiamo indagato con Carlo Motta se il messaggio vino e arte può valorizzare i due mondi.
L’arte e il vino che cos’hanno in comune?
“La ricerca della qualità, nell’arte attraverso la pittura, il colore e il disegno. Nel vino cercando di alzare il livello del prodotto, come sanno fare molto bene le aziende toscane soprattutto del Chianti Classico. Diventa naturale un dialogo interdisciplinare tra la qualità artistica eccellente dei due artisti protagonisti di Dialoghi Paralleli, Alain Bonnefoit e Vittoria Palazzolo, con la terra del Gallo Nero”.
C’è un limite che non va valicato in questo dialogo per non sminuire l’arte? Molte aziende ad esempio fanno dipingere le etichette da artisti…
“Quelle delle etichette dipinte è una tradizione che risale a circa 50 anni fa, ed è un arricchimento sia per il vino che per l’artista che in questo modo promuove sé stesso. Ci sono poi pittori che dipingono con il vino, ma questo è più un gioco”.
Passeggiando dentro il borgo medievale tra botti e barrique che custodiscono il futuro Chianti Classico aziendale, ci siamo soffermati su alcune opere dei due artisti, indagando cosa muove i loro tratti pittorici.
L’anima delle opere di Palazzolo e Bonnefoit
Vittoria Palazzolo, tra le sue opere esposte per Dialoghi paralleli ci siamo soffermati su ‘Il nuovo ventre della vita’…
“L’ho realizzata nel 2022 e fa parte del ciclo Dogmi. Le persone ritratte nella mia opera sono esseri provenienti da una dimensione parallela, giunti fin qui per assistere alla nascita di un nuovo mondo. Rappresenta un cambiamento potente, una rinascita profonda”.
Alain Bonnefoit, nei profili delle donne che ritrae ci sono tratti familiari a queste terre…
“Abito in Toscana da diversi anni, e mi sono innamorato dei suoi paesaggi, ma amo anche il vino. Entrambi sono legati al piacere, alla capacità di scoprire e condividere. Mi piace pensare che le curve delle donne che dipingo e le rotondità dei vini che bevo, risveglino in me e in coloro con cui le condivido un’emozione memorabile”.
Chi sono i due artisti
Vittoria Palazzolo – Il suo percorso nel mondo dell’arte inizia a 13 anni. Per anni frequenta lo studio del Maestro Cleo Zanello, allievo di Felice Casorati e Almerico Tomaselli. La caratterizza un fine senso del colore e del disegno che le consente di trasferire sulla tela il proprio mondo interiore e i sogni di donna e artista.
Alain Bonnefoit – Dal 1953 frequenta l’École des Arts Appliqués e dal 1956 l’École des Beaux Arts di Parigi, dal 1959 l’École des Beaux Arts di Bruxelles. Dal 1961 pratica per due anni nello studio dello scultore Volti, che diventerà suo maestro d’arte e di vita. Nel 1964 approda alla forma d’espressione che lo ha reso famoso, il nudo femminile.
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