Le isole, soprattutto se piccole, hanno un’atmosfera particolare: il mare pare fare da cuscinetto con il resto del mondo. Qui tutto ciò che è nuovo arriva con più flemma: una condanna per chi ci abita, un privilegio per chi vi si rifugia. L’isola d’Elba vanta un ulteriore catalizzatore di romanticismo: l’esilio di Napoleone Bonaparte. Ma la storia che tocca il vino che abbiamo incontrato qui è ancora più antica, millenaria.
Nel 2018 Antonio Arrighi, produttore di vino con alle spalle esperienza e passione, decide di riprodurre la tecnica enologica applicata dagli antichi greci sull’Isola di Chio, nel mare Egeo.
E ci è riuscito. Solo 200 esemplari (o meglio bottiglie) per ogni vendemmia, che sfidano le moderne tecniche di cantina, ribaltando le aspettative di appassionati e curiosi.
Nasce così Nesos, il vino marino. Uva ansonica al 100%, raccolta manualmente in piccole cassette, poste in seguito in piccole nasse di vimini. E qui comincia l’avventura: le nasse piene di uva vengono immerse in mare per 5 giorni e successivamente appassite su dei graticci al sole.
A questo punto l’uva è pronta per fermentazione e riposo in anfora, a contatto con le sue bucce per 6 mesi.
200 bottiglie che raccolgono un segreto e molta esperienza
Una pratica complessa da ogni punto di vista, anche solo per la ricerca del luogo marino idoneo e l’impiego di sommozzatori per la posa delle nasse, che oggi può dirsi sperimentale nonostante la sua antichità. E che più che un vino, regala una storia da raccontare formato bottiglia.
Abbiamo fatto visita a Antonio Arrighi, patron dell’omonima azienda famigliare elbana, e dietro l’aria da isolano diffidente allenato agli estranei, si cela una rara esperienza nel mondo del vino, unita a uno spirito di ricerca indenne alle numerose vendemmie sulle spalle.
È importante che un vino abbia una storia?
“È essenziale che abbia una storia, perché di vini buoni ce ne sono molti, ma la differenza la fa quello che c’è intorno alla bottiglia. Quello che racconta l’identità e l’unicità di un vino”.
Nesos ne ha più di una, visto che pesca le sue radici in pratiche antiche?
“Nesos racconta in un vino tante storie diverse, quella archeologica, quella scientifica e quella enologica”.
Storia e scienza nel calice
Arrighi parla di scienza, perché è vero che la storia ammalia anche il degustatore più incallito, ma il vino in natura non esiste, e ogni azzardo deve essere coadiuvato da tecnica e know how.
La tecnica dell’isola di Chio dava i natali a un vino dal gusto sorprendente, in grado d’attraversare il tempo indenne. Tenuta a lungo segreta, tale tecnica prevedeva l’immersione delle uve nel mare prima di lasciarle appassire al sole, perché il sale, per effetto antiossidante e disinfettante, garantiva al vino una capacità di conservazione fuori dal comune.
Inoltre il sale eliminava la pruina della buccia (la polvere bianca visibile in superficie) senza danneggiare l’acino, perciò preservando l’aroma del vitigno.
Quando il professor Attilio Scienza dell’Università di Milano, la cui fama rimbalza in molti luoghi chiave del mondo del nettare di Bacco, parlò nel 2018 in una conferenza di quell’antica ricetta, il segreto del vino di Chio cessò di essere tale.
E il visionario vignaiolo elbano raccolse la sfida.
Nesos: la tecnica di produzione
Nesos è un vino singolare data la sua tecnica di produzione: ce la può descrivere brevemente?
“L’esperimento doveva iniziare e finire nel 2018, ma data la risonanza a livello mondiale, è entrato in produzione”.
E infatti nel 2024 ne stiamo ancora parlando e pochi fortunati, 200 per l’esattezza, ogni vendemmia attendono la loro rara bottiglia. Anzi, la prenotano molto tempo prima.
Il suo profilo aromatico può essere di non immediata comprensione, in virtù di tale tecnica, eppure ha folgorato gli appassionati che fedelmente lo vogliono ogni anno nella loro cantina: perché secondo lei?
“Perché è un vino che non assomiglia a nessun altro vino, unico, naturale dove il tempo trascorso in mare pulito dalle correnti, dà un gusto e un aroma particolari, completamente diversi e inediti”.
La domanda è scomoda, ma Antonio Arrighi conosce ogni minimo passaggio di Nesos e senza scomporsi risponde alla curiosità sul profilo aromatico di questo vino bianco.
Nesos non ha bisogno di solfiti, richiama al naso profumo di miele, rosmarino, fiori d’acacia. Al palato convivono morbidezza, sapidità e freschezza, come solo il richiamo del mare può plasmare.
Come fa un non esperto a cogliere la sua particolarità aromatica senza rimanere spiazzato?
“Può darsi anche che non piaccia, ha una sapidità unica, lunga, persistente, profumi iodati di vernice e di ceralacca, il gusto che ricorda il mare e le alghe”.
Arrighi non risparmia nulla alla sua creatura, ma la verità è che conoscendone la storia, nessuno si aspetta i classici profumi e sapori che caratterizzano la maggior parte delle bottiglie. Nesos è singolare ma il suo equilibrio lo rendono un nettare piacevole e intenso.
Il futuro di Nesos?
“Continuare e cercare di capire ancora meglio il processo di produzione con questo metodo che rende il vino più longevo, anche se rimarrà sempre un prodotto di nicchia”.