Amélie Daure è una delle attrici più intense, carismatiche e versatili del panorama francese e internazionale.
Le sue performance, tra cui quella nel ruolo di Chiara nella miniserie Francesco di Michele Soavi, hanno lasciato il segno nel pubblico e negli addetti ai lavori.
È stata diretta, tra gli altri, da François Ozon, Xavier Gens, ma anche da Wong Kar-wai per il cortometraggio There’s Only One Sun, oltre che presente nella pubblicità Neverfull per Louis Vuitton.
Recentemente l’abbiamo vista e apprezzata sugli schermi italiani in Le seduzioni che Vito Zagarrio ha tratto dal romanzo Le seduzioni dell’inverno di Lidia Ravera.
E proprio in occasione dell’uscita nelle sale della pellicola, nella quale interpreta una misteriosa donna di nome Sophie che, dopo aver sconvolto la vita e risvegliato emozioni sopite nel protagonista, scompare misteriosamente, abbiamo avuto la possibilità di incontrarla per una one-to-one nella quale si è parlato anche del suo percorso artistico e della sua visione della recitazione.
C’è un momento preciso in cui ha capito che il mestiere dell’attrice sarebbe diventato il suo percorso di vita e professionale?
“Non c’è un momento preciso, ma è stato un percorso graduale iniziato già da bambina quando giocavo e mi divertivo a immaginare realtà diverse rispetto a quelle che vivevo e che scorrevano davanti ai miei occhi.
Alla fantasia si andavano poi ad aggiungere le visioni di film che mi hanno fatto pensare che fosse possibile essere e diventare altro da me.
In tal senso ho sempre voluto provare a vivere altre vite attraverso l’esplorazione e la ricerca dell’essere umano.
E in questo modo cercare di capire anche un po’ meglio cosa significa essere umani. Nel tempo mi sono convinta che il mestiere dell’attrice e la recitazione mi avrebbero permesso di fare tutto ciò”.
Cosa rappresenta per lei la recitazione?
“È una ricerca di onestà e di verità anche se il personaggio di turno che sono chiamata a interpretare non è un’anima buona.
E questo è un dovere che noi attori abbiamo tanto nei confronti del personaggio stesso che del pubblico”.
Quale fase della sua carriera di attrice sta attraversando?
“In generale non sono mai stata particolarmente brava a fare dei piani a lunga scadenza, risultato di percorsi lineari che vanno da un punto A a un punto Z.
Piuttosto vivo le esperienze umane e lavorative così come vengono, cercando di godermele pienamente e in maniera libera.
Non è solo una questione di sì o di no, ma di scelte fatte al momento sulla base di ciò che mi piace, emoziona e mi fa stare bene come persona e attrice.
In tal senso la carriera in generale è un concetto che non mi appartiene”.
Lei ha avuto modo di interpretare personaggi diversi sia sul piccolo che sul grande schermo, ma dove si sente più a suo agio e pensa di essersi espressa al meglio del suo potenziale?
“Sul grande schermo, perché il cinema è sempre stata la mia passione fin da piccola e le pellicole nelle quali ho recitato da quando ho intrapreso questo cammino artistico mi hanno dato tutte molte soddisfazioni.
Certo è che le cose negli ultimi vent’anni sono cambiate ed è possibile prendere parte a serie o miniserie come Francesco di Michele Soavi davvero forti e interessanti, che ho affrontato con tantissimo entusiasmo.
Poi ovviamente dipende dal progetto, dalle persone che vi sono dietro, dal personaggio e dalla storia che di volta in volta mi trovo a raccontare.
Ma in ciascuno di loro ho messo un po’ di me stessa e della mia professionalità”.
Come si avvicina a un personaggio e quali sono gli step che portano alla sua costruzione?
“La prima immagine che affiora nella mia mente quando leggo qualcosa, che sia un copione o una sceneggiatura, è la fisicità di quel dato personaggio.
Poi provo a visualizzare i costumi che potrebbe indossare.
Così facendo ipotizzo come potrebbe essere, in che modo si muove e se si possono approfondire aspetti della sua personalità.
Cerco anche di capire qual è il suo passato quando questo non è esplicitato nelle pagine della sceneggiatura.
Dopodiché è molto importante il lavoro che si fa sulla lingua, a maggior ragione se non devo recitare in francese come è successo ad esempio in uno degli ultimi progetti ai quali ho preso parte, vale a dire Le seduzioni di Vito Zagarrio nel quale parlo in italiano.
È sicuramente più difficile quando ti confronti con una lingua che non è la tua. In quel caso di mi sono preparata con Daniela Mattei, che ho conosciuto ai tempi di Francesco di Michele Soavi dove però parlavo in francese e poi sono stata doppiata.
Le seduzioni è stato il mio primo film recitato interamente in italiano.
In generale passo moltissimo tempo a studiare il testo e il personaggio, così da essere più libera e consapevole durante il periodo delle riprese grazie all’intero bagaglio di conoscenze acquisite nel corso della preparazione.
La cosa che più mi è più piaciuta di Sophie è il fatto che mente, ma non lo fa per fare del male al co-protagonista maschile bensì per vivere la sua verità.
ùMi è sembrato interessante interpretare un personaggio oscuro e indecifrabile ma con una sua umanità”.
A proposito di scelte, cosa l’ha convinta ad accettare il ruolo di Sophie nel film Le seduzioni?
“La possibilità di lavorare nuovamente in Italia mi affascinava moltissimo.
È un Paese che mi ha sempre accolto con grande affetto, al quale sono legati dei bellissimi ricordi umani e professionali, dove torno tutte le volte con piacere.
Per il film di Zagarrio ho avuto la possibilità di vivere due bellissimi mesi a Napoli in un appartamento nel cuore dei Quartieri Spagnoli, di passeggiare per i vicoli, le strade e le piazze della città, di respirare la sua aria e immergermi nelle sue straordinarie atmosfere calde, elettrizzanti, avvolgenti e selvagge”.
Oltre a quello d’autore si è confrontata più volte con un cinema più dichiaratamente di genere prendendo parte a film anche molto duri e crudi, su tutti l’horror Frontiers di Xavier Gens.
Lì ad esempio interpreta una figura malvagia e decisamente spregevole. Come si rapporta a questa tipologia di personaggio?
“In quei casi maturo un completo distacco nei loro confronti.
Nel momento in cui prendo le distanze dalla realtà, a quel punto l’interpretazione diventa un gioco che mi permette di immaginare, di sperimentare e in cui i corpi sono completamente liberi.
Recitare in quei film è molto interessante e anche divertente, mentre da spettatrice cerco di starne più alla larga possibile perché mi fanno molta paura”.
Tra quelli interpretati in questi anni, qual è il personaggio che più l’ha coinvolta emotivamente?
“Non tanto per il personaggio, perché quello che ho interpretato era un ruolo piccolo, piuttosto per il film in sé e per il tema complesso, scomodo e delicato che viene affrontato, ossia quello della pedofilia nella Chiesa, la mia mente va a Grazie a Dio di François Ozon.
Mi ha emozionato prendere parte a quel progetto per ciò che ha rappresentato e che rappresenta.
Ricordo di una donna che a qualche giorno di distanza dall’uscita nei cinema mi fermò in un ristorante per ringraziarmi e per dirmi che la visione di quella pellicola le aveva dato il coraggio dopo anni di andare dai suoi genitori e denunciare un membro della famiglia che l’aveva abusata.
In quel momento ho capito veramente il potere del cinema, un’arte che, oltre a regalare dei sogni, è in grado anche di denunciare, di parlare di argomenti importanti e dal peso specifico rilevante, lasciando un segno profondo attraverso le sue opere.
Penso che questa sia una cosa stupenda”.
Cosa l’aspetta nel futuro e dove la vedremo prossimamente?
“Sono nel cast di un altro film di genere molto particolare, a metà tra il dramma e il thriller, dal titolo Scarlet Blue per la regia di Aurélia Mengin che non è ancora uscito nelle sale, dove vesto i panni di Alter, una donna che soffre di depressione e schizofrenia e che, dopo avere consultato una guaritrice ipnotista, scopre che la madre le ha tenuto nascosto per anni un terribile segreto.
Poi farò uno spettacolo teatrale, sarà la mia prima volta sulle tavole di un palcoscenico e la cosa mi emoziona tantissimo.
L’esperienza in sé non mi spaventa, ma spero di essere all’altezza del compito e del pubblico. Poi, in futuro, c’è la possibilità di un nuovo progetto in Italia.
Incrocio le dita”.
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