Senza social personali, con un ristorante-gioiello a Porta Romana e un lido nel Salento: la seconda vita dell’imprenditore milanese
Milano, Corso di Porta Romana. All’esterno traffico e clacson, dentro una luce dorata che si riflette su specchi antichi, boiserie panna, lampadari sinuosi: è Marecrudo, il ristorante di pesce che dal 2017 ha trasformato una parte di Porta Romana in soglia di mare. L’ambiente è un piccolo teatro in crema e oro, scaffali di bottiglie incorniciate, tavoli rotondi in lino, poltroncine sabbia: un’eleganza rétro “ovattata”, disegnata – dice lui – a mano, scegliendo personalmente ogni pezzo.
Dietro questa scelta estetica non c’è un architetto-star, ma la stessa testa che negli anni ’90 ha riscritto il clubbing italiano. Gabon Treffiletti, per tutti “Gabon”: a 17 anni resta folgorato dalla Berlino dei rave, torna in Italia e inventa il “fuori orario” che qui chiameremo con il suo nome, Exogroove. Un fenomeno culturale prima che notturno: il primo after-hour di massa, house e techno nello stesso cartellone, migrazioni di pubblico da mezza Italia, un’organizzazione analogica mastodontica in tempi pre-smartphone.
La sua telecronaca, asciutta e senza nostalgia, ha il ritmo dei fatti. «Partimmo in 800: in pochi anni diventammo 9.000, 10.000 a serata. Il biglietto 90.000 lire, senza consumazione. Incassavo miliardi in lire e reinvestivo tutto nella serata successiva». Niente algoritmi: volantini fustellati e perfino cuciti a mano, 250 collaboratori da coordinare al telefono fisso tra le 18 e le 20, piazze vere come punti di ritrovo. È l’analogico come arte della produzione: orari, flussi, sala 1 e sala 2, la logistica come show.
L’idea strategica è semplice e geniale: non Milano centro, ma crocevia. Bologna come hub per essere “a un’ora da tutti”. E l’intuizione che fa scuola: aprire quando gli altri chiudono, trasformando il dopo in prodotto. «Alle 6 aprivo io». Nasce un’Italia che balla di giorno, legalissima e gigantesca, fino a quando l’onda delle droghe sintetiche e i posti di blocco non trasformano il contesto. Fine di un’era: «Quando capisci che anche se fai tutto in regola ogni uscita è un muro, cambi cornice».
La lente si sposta sugli anni 2000. Gabon non scompare: trasla. Dall’after-hour all’after-tea New York Bar: dinner show, cabaret alla francese, flyer-cimelio cuciti come foulard, locali come Old Fashion e Café Atlantique. Stessa identità, diverso orario. Il pubblico cresce, il format matura. Poi un episodio di confine – «un’esperienza di pre-morte» – che lui non spettacolarizza, ma che segna un prima e un dopo.
Ed eccoci al 2017. La seconda vita ha il suono del ghiaccio sotto un plateau di ostriche e il profumo di carbonella di faggio. Nasce Marecrudo: cucina di mare classica, materia prima nazionale con selezionate eccellenze estere, cotture codificate, carta vini ampia, servizio “su misura”. L’atmosfera? Intima, raffinata, quasi sospesa – «una bolla soffusa in piena movida milanese», dentro un palazzo storico di Porta Romana.

Qui c’è un dettaglio che definisce il personaggio 2.0: Gabon non ha social personali. Scelta esistenziale. «I social mostrano cosa hai, non chi sei». Ma il ristorante sì: un profilo Instagram operativo, asciutto, da bottega rigorosa (orari, piatti, tavoli). Identità silenziosa, comunicazione essenziale.
Sul piano visivo, Marecrudo è la negazione della “scena Instagrammabile”: niente pareti di fiori, zero neon al biossido di glamour. Specchi con cornici dorate, capitelli, lampadari, bottiglie a scaffale come quinte teatrali; mise en place pulita, tovagliato chiaro, sedute morbide color sabbia. Un classico contemporaneo che fa parlare il prodotto. Le immagini ufficiali e le recensioni convergono su quell’idea: piccolo, elegante, retrò, con veranda curata. «L’ho arredato io», dice. E si vede.

La rotta non finisce a Milano. C’è un secondo baricentro: il Salento. Gabon gestisce il G Beach a Gallipoli, nel Parco naturale di Punta Pizzo – precisamente a Punta della Suina – una lingua di turchese che negli ultimi anni è diventata icona pop (e non solo) della costa ionica. Lo dicono le carte, lo raccontano i magazine, lo confermano le guide di spiaggia: è un luogo-simbolo della “nuova estate” italiana, tra pineta e calette.
Nella sua lettura, il Salento era una bomba pronta a esplodere: accessibile, scenografico, desiderabile. «Capisci queste cose come le capivo negli anni ’90: annusi l’aria, guardi i flussi, vedi che fra poco accelera». Stessa grammatica imprenditoriale: scegliere un crocevia – questa volta naturale – e arrivare un attimo prima degli altri.
Intanto, a Porta Romana, Marecrudo continua a fare Marecrudo: crudi importanti, primi “di scuola” (Benedetto Cavalieri, riso Acquerello), griglia su carbonella, dolci italiani classici, prezzi conseguenti – «la qualità si paga» – e un tono di voce che non urla. L’idea è semplice: se l’ingrediente è protagonista, il locale ha il dovere di tacere. E quando serve parlare, parlano gli altri: recensioni, articoli, guide cittadine.
La coerenza con il “Gabon di ieri” è totale. Ieri come oggi, il pubblico non va assecondato, va guidato: ieri con la metrica dei set e delle sale, oggi con il ritmo delle portate e del servizio. Ieri la massa senza smartphone, oggi quaranta coperti senza sovrastrutture. Stessa mania per i dettagli (i flyer cuciti ieri, il tovagliolo giusto oggi), stesso disinteresse per l’ostentazione (ieri la Ferrari non finiva su Facebook, oggi l’imprenditore non è un “personaggio-profilo”). Stesso fiuto per i luoghi-soglia (Bologna allora, Punta della Suina oggi).
Se gli chiedi che cosa significhi “fare la differenza” a Milano, la risposta non è una tesi creativa: è una pratica. Far stare bene la gente, punto. Scegliere materia prima, allenare una brigata che non prenda scorciatoie, curare una sala che non abbia punti morti, conoscere il proprio quartiere. E poi – ma questo lo dice quasi a bassa voce – tenersi fuori dal rumore: «I social mostrano ciò che hai. Io oggi ho scelto di diventare quello che faccio».
È la lezione meno citabile e più utile di tutte. Il re della notte che scopre il valore del silenzio. L’uomo dell’after-hour che ti serve un crudo in perfetto anticipo sull’ora blu. La prova che esistono seconde vite non meno rock della prima.