Roberto Impero l’esperto di sicurezza stradale che porta la qualità del Made in Italy nel mondo

22 Maggio 2025

Il Made in Italy non è solo un’indicazione di provenienza, ma una garanzia di qualità, di cura nella progettazione e nella realizzazione, riconosciuta a livello interazionale. Oltre ai canonici settori della moda, del design e del cibo, si sta progressivamente estendendo ad altri settori produttivi, grazie alla passione e dedizione con cui molte imprese realizzano i loro prodotti d’eccellenza. 
Una visione che contraddistingue il fare impresa di SMA Road Safety, realtà campana attiva nel settore della sicurezza stradale passiva, e molto apprezzata a livello internazionale per la robustezza e affidabilità dei propri dispositivi salvavita. Ben lontana dal lusso e dal glamour della moda, ma altrettanto centrale per la sostenibilità del Paese, è guidata da Roberto Impero ed è parte del Gruppo Industry AMS, fondato nel 1969 da Pasquale Impero, specializzato in sistemi di automazione industriale per i gruppi automobilistici (Stellantis, Volkswagen, Porsche, Audi, Maserati). 

Abbiamo incontrato Roberto Impero per capire cosa significhi lavorare in un settore così importante per la sicurezza di tutti noi. 

Quando parliamo di scurezza stradale a cosa ci riferiamo esattamente? 
“La sicurezza stradale attiva riguarda il comportamento degli automobilisti quando sono alla guida, la sicurezza passiva, invece, si occupa delle infrastrutture stradali, con l’obiettivo di azzerare o minimizzare le potenziali conseguenze negative, per conducente e passeggeri, di un incidente. 
Rientrano in questa seconda categoria le cinture di sicurezza, gli airbag, i poggiatesta, ma soprattutto i dispositivi di ritenuta stradale, come le barriere laterali (guardrail e newjersey), gli attenuatori d’urto e i terminali di barriera”. 

Ci racconta com’è nata SMA Road Safety e quale missione guida l’azienda?
“SMA Road Safety è nata dall’intuizione di mio padre Pasquale Impero che progettò una particolare maglia metallica a struttura alveolare in grado di assorbire l’energia cinetica di un veicolo e arrestarne la corsa. Da qui l’idea di trasformare quest’intuizione, brevettata, in un’innovazione che potesse dare un contributo concreto per salvare vite umane. Fin dall’inizio, la nostra missione è stata chiara: ridurre il numero di vittime e feriti gravi sulle strade. Oggi i nostri dispositivi sono installati in oltre 60 Paesi. Siamo fortemente convinti che la sicurezza stradale non sia un’opzione, bensì un dovere per le istituzioni e un diritto per i cittadini”. 

Cosa significa per lei lavorare in questo settore? 
E’ una grande responsabilità, per tanti fattori. Il primo e più generale riguarda la sostenibilità stessa del Paese: ogni morto per incidente stradale ha un costo sociale ed economico pari a 1,5 milioni di euro. Nel 2023 il costo totale dell’incidentalità stradale, con lesioni alle persone, ha raggiunto i 18 miliardi di euro; l’1% del PIL nazionale (dati ISTAT). Quel che più mi sta a cuore è cercare di proteggere quanti più ostacoli siano presenti sulle nostre strade, parlo di alberi lungo la carreggiata, pali segnaletici, cuspidi e piloni, che, in caso di incidente, possono trasformarsi in armi letali per conducente e passeggeri, anche a velocità di 30-40 kmh. Per questo cerchiamo costantemente di sensibilizzare cittadini, addetti ai lavori e gestori stradali sull’importanza delle infrastrutture, perché in gioco ci sono vite umane e nessuna ragione, la mancanza di budget in particolare, può essere una giustificazione accettabile”. 

L’innovazione gioca un ruolo chiave nel vostro settore e per SMA?
“Innovare è la nostra priorità. In particolar modo nel nostro settore, dove l’innovazione dei veicoli viaggia a un ritmo superiore rispetto al rinnovamento delle infrastrutture stradali. Da tempo testiamo i nostri attenuatori con veicoli più pesanti e a velocità superiori alla normativa vigente: le auto in circolazione sono sempre più pesanti, voluminose e potenti, non possiamo restare fermi a una normativa ormai datata. La velocità d’intervento nell’ambito della sicurezza stradale è importante, per questo stiamo integrando i nostri dispositivi con la tecnologia per favorire il monitoraggio delle infrastrutture e garantire risposte tempestive, nei soccorsi, come nella manutenzione”.  

Quanto conta per voi la sostenibilità nella progettazione dei dispositivi?
“Intendiamo la sostenibilità in senso ampio. Realizziamo i nostri dispositivi interamente in acciaio, di alta qualità, in modo che siano più resistenti (rispetto alle soluzioni in plastica, ad esempio), possono essere sostituiti nelle sole parti danneggiate e non interamente, e soprattutto, a fine vita, sono completamente riciclabili. I nostri prodotti vengono forniti già preassemblati per rendere le operazioni di installazione più semplici e veloci. Tutto ciò si traduce in un minor costo d’installazione e manutenzione, in un ridotto impatto ambientale e in una maggior sicurezza”. 

L’Italia è un Paese virtuoso in quanto a sicurezza stradale?
“Il costo dell’incidentalità stradale nel nostro Paese supera i 18 miliardi; una cifra ingiustificabile, soprattutto se rapportata al prezzo dei dispositivi salvavita. L’alibi della mancanza di fondi non è più sostenibile: la sicurezza stradale è una questione etica, ma anche un obbligo di legge, perseguibile come omicidio stradale colposo ai danni del gestore della strada. 
Da tempo sottolineo la necessità di mappare i punti pericolosi, per correggerne la pericolosità. Fortunatamente le strade di nuova concezione, così come le autostrade, sono progettate con maggiore attenzione alla sicurezza stradale passiva, ma sono ancora moltissime le tratte obsolete. I dispositivi ADAS, che assistono il conducente, rappresentano sicuramente un valido supporto alla sicurezza, ma non dimentichiamo che il parco veicolare italiano è vetusto, il 40% ha più di 15 anni, il 60% più di 10 e soprattutto che questi ausili alla guida devono poi essere usati e gli automobilisti devono spesso imparare a usarli. Se vogliamo rispondere concretamente alla proposta dell’UE, che mira a ridurre del 50% le vittime e i feriti gravi entro il 2030, la strada è ancora in salita”.

Lei ha scritto il libro “Come ti salvo la vita”, a chi si rivolge?
“E’ un libro che si rivolge a tutti e che punta a sensibilizzare sulla sicurezza stradale, tema ancora troppo spesso trascurato. Ho cercato di portare con me i lettori nel dietro le quinte del mio settore, dove spesso anche i più piccoli dettagli possono fare la differenza tra la vita e la morte. Non è un testo tecnico, riguarda la vita di tutti noi che ogni giorno ci muoviamo sulle nostre strade e ci meritiamo che siano sempre più sicure e in buono stato”. 

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