Gusto e Made in Italy: un binomio inscindibile che trova la sua sublimazione nel mondo del food, spesso dando vita a intuizioni del tutto inattese.
Il progetto di Antonio Civita, realizzato insieme alla moglie Elena Riva, ne è un esempio straordinario.
Partendo da un prodotto in apparenza frugale e che poco si presta a una rivisitazione in chiave luxury, “Panino Giusto” è invece riuscito ad affermarsi come una delle massime espressioni del cibo italiano nel mondo.

Fondato dalla coppia di imprenditori nel 2010, dopo oltre 5 anni di esperienza nel settore dei locali, il brand italiano è infatti diventato sinonimo di gusto sofisticato, esperienza gastronomica e lusso accessibile.
“Panino Giusto” è impegnato anche nel sociale.
Con La Fabbrica dei Sogni ha dato vita a un percorso che segue i ragazzi più talentuosi in percorsi strutturati secondo le loro aspirazioni, mentre con Cucinare per Ricominciare favorisce l’integrazione di rifugiati e richiedenti asilo.
Dopo aver creato questo marchio, Antonio Civita ha anche fondato l’Accademia del Panino Italiano per raccontare come un semplice panino possa racchiudere storie, sogni e speranze al pari di ingredienti.
Lo abbiamo intervistato su questo e molto altro, scoprendo i segreti che hanno reso “Panino Giusto” una celebrità e i suoi nuovi progetti per il futuro.

Antonio Civita, quando nasce il tuo amore per l’imprenditoria e la ristorazione?
“Potrà sembrare una risposta curiosa, ma il mio amore per l’imprenditoria è figlio del senso di colpa.
Sono nato in una famiglia umile legata allo stipendio di mio padre, di professione impiegato postale, mentre mia madre si adoperava con tutte le sue forze affinché i soldi durassero sino alla fine del mese.
Essendo stato un bambino estremamente sensibile, la visione degli sforzi e dei sacrifici compiuti dai miei genitori mi appariva come una mia responsabilità personale.
Per questo affermo che il mio percorso imprenditoriale non nasce come passione o visione, ma piuttosto come un senso di colpa radicato interiormente che mi ha spinto a lavorare duramente, fare soldi e in questo modo alleviare il peso sopportato dalla mia famiglia”.
Una storia particolare, la tua….
“Sì, la ritengo una poesia molto diversa rispetto a quella di altre storie di successo e che nel tempo mi ha liberato in modo definitivo da certe sensazioni, ad esempio l’ansia di appropriarmi del disagio altrui sino a farlo mio.
Il mio modello di riferimento è stato l’allora fidanzato di mia sorella, titolare di un’azienda di impianti elettrici che mi consentiva di guadagnare qualcosa nel tempo libero dopo la scuola.
A 14 anni avevo cercato di iscrivermi in un istituto alberghiero di Roma, l’unico disponibile, ma era a numero chiuso e non sono stato preso.
L’amore per la cucina è viscerale, connaturato a quello per la mia famiglia.
Mia madre è sempre stata una cuoca e ospite straordinaria, capace di mettere a proprio agio le persone e servirle nel miglior modo possibile.
Un modo di fare che apprezzo molto, anche negli altri, e che oggi posso replicare a tavola con i miei figli.
Amo molto più servire che essere servito e credo che questa forma di altruismo, in particolar modo la soddisfazione del cliente, dovrebbe essere alla base di ogni vera esperienza imprenditoriale”.

Come nasce la sfida di “Panino Giusto”?
“Terminati gli studi, a 18 anni ho aperto la mia prima ditta individuale nel campo dell’impiantistica elettrica.
A 28 anni ho avuto il privilegio di conoscere mia moglie ai Caraibi, ho venduto la mia impresa (che nel frattempo era diventata una realtà importante) e mi sono trasferito a Milano, una città che ho subito amato follemente.
È proprio grazie a mia moglie se, dopo un anno sabbatico, ho avuto la possibilità di conoscere Panino Giusto come cliente.
Con in tasca sufficiente liquidità e nel cuore tanta voglia di affrontare Milano, nel 2004 ho accettato la sfida di aprire diversi locali di Panino Giusto in franchising.
Qualche anno più tardi, nel 2010, ho quindi deciso di rilevare tutta l’azienda con l’idea di far diventare il panino italiano un’altra icona del nostro lifestyle.
La crescita organizzativa, strutturale e anche culturale è stata enorme.
Abbiamo fondato l’Accademia del Panino Italiano, che nasce con l’obiettivo di valorizzare questo prodotto in tutto il mondo”.
Qual è la percezione tra gli stranieri del food Made in Italy?
“Tutto ciò che è italiano è valorizzato all’ennesima potenza.
Nell’immaginario collettivo il panino non è ancora del tutto abbinato all’eccellenza di italianità, ed è proprio per questo che abbiamo raccolto questa sfida con un entusiasmo ancora più determinato e creativo.
Panino Giusto è stato il primo ad affidarsi a chef stellati, prima Claudio Sadler e poi Caterina Ceraudo, chiedendogli di realizzare dei panini stellati.
È stata la prima volta in assoluto in cui l’arte di uno chef rinomato si è applicata ad un prodotto apparentemente frugale, creando così nella percezione comune una piccola rivoluzione riconosciuta anche dalla certificazione americana B Corp, i primi in Italia ad ottenerla, che attesta l’impatto sociale, ambientale e imprenditoriale di Panino Giusto nel mondo”.

Come creare un brand in questo settore?
“Il primo punto chiave per creare un brand in questo settore è avere una visione molto verticale, chiara e distintiva di un progetto.
Nella ristorazione, come in ogni altro ambito, non è più il momento dei progetti generalisti; oggi c’è sempre più necessità di brand che soddisfino un unico bisogno per una precisa tipologia di clientela.
La verità è che non c’è più spazio per tuttologia e messaggi diluiti, perché le persone sono così informate da sapere con precisione assoluta che esperienza desiderano vivere e che tipo di aspettativa vogliono soddisfare.
Per riuscirci occorre lavorare con una mentalità da leader, garantire solidità e mantenere le promesse fatte alla clientela, su tutte l’unicità dell’esperienza che siamo in grado di fornire.
Credo sia questa la quintessenza di un brand di successo”.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
“Oltre ad aver adeguato Panino Giusto rispetto a un progetto digital molto forte, con una nuova app e proposte di delivery ecosostenibili, abbiamo il progetto di portare la qualità dei nostri prodotti in modo più capillare sul territorio italiano.
Non soltanto ristoranti, quindi, ma anche postazioni più piccole in cui la stessa ricetta viene vissuta in modo ancora più informale.
Questo ci consentirà di diventare più inclusivi e di creare l’idea di un bar 2.0 in cui poter mangiare un panino di alta qualità ad un prezzo sostenibile.
I cambiamenti nel settore della ristorazione che si sono avuti dalla fine del Covid hanno imposto una diversa gestione dei locali: anziché optare per spazi eccessivamente grandi e con troppo personale, è molto meglio essere snelli e adatti allo spirito del tempo”.
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