David Warren non avrebbe bisogno di presentazioni perché è la fama a precederlo.
Il suo nome è legato alla regia di innumerevoli serie televisive di successo che hanno spopolato alle diverse latitudini, tanto da entrare nei cuori e nell’immaginario di milioni di spettatori di tutte le generazioni: da Desperate Housewives a Weeds, da Gossip Girl a In Plain Sight, passando per 90210, Ugly Betty, Drop Dead Diva e Valentine.
Questi sono solo alcuni dei titoli degli show che riportano in calce la sua inconfondibile firma, con quest’ultima che è diventata nel corso dei suoi venticinque anni di attività un vero e proprio marchio di fabbrica.
Abbiamo avuto l’onore e il piacere di intervistare David Warren nel corso della 19esima edizione di Cortinametraggio e non ci siamo fatti sfuggire l’occasione per rivolgergli delle domande sulla sua straordinaria carriera.
A fare da cornice a questa one-to-one i panorami mozzafiato delle Dolomiti e il corso principale di Cortina d’Ampezzo.
David Warren, c’è un filo rosso che secondo lei percorre la sua carriera di regista?
“Se ci fosse un leit motiv nel mio lavoro non potrei essere io a individuarlo.
Sia in America che in Italia quando realizzi un progetto che ha successo i produttori e i distributori vogliono che tu rifaccia più o meno la stessa cosa con quello successivo.
Personalmente ogni volta che faccio una serie cerco di trovare qualcosa che è all’opposto e completamente differente rispetto a quello che ho avuto modo di realizzare precedentemente.
Questo per dire che provo sempre a non ripetermi e fare cose nuove.
L’unico elemento a mio avviso comune e ricorrente nei miei lavori è la verità, ma anche il bisogno di interrogarmi e rivolgere delle domande sull’essere umano, senza mai dare io delle risposte”.
Cosa spera di trovare e che non vuole mai venga meno in un progetto che le viene affidato?
“Quello che più conta per me in un progetto è la scrittura e non è una cosa per nulla scontata.
Se leggendo un copione trovo in esso degli elementi di novità e originalità, allora le possibilità che io possa accettare quel dato progetto sono molto alte.
Allo stesso tempo, con tutta l’umiltà di questo mondo, ti confesso che quasi mai mi viene data l’opportunità di decidere se fare o no qualcosa.
Quando però arrivano delle offerte e ho il lusso di scegliere, la sceneggiatura è la prima cosa che vado a esaminare.
Tutto parte da lì ed è sempre da lì che dipende la riuscita oppure no di uno spettacolo, piuttosto che di una serie”.
David Warren, c’è qualcosa che più di ogni altra ci tiene a trasmettere al pubblico che guarda le sue serie?
“Un amore e una compassione nei confronti degli esseri umani.
A me piacciono sia le storie brillanti e spiritose che quelle forti e cupe.
Alla base, però, deve esserci sempre una connessione, qualcosa in grado di fare capire il mondo al pubblico”.
Nella prima parte della sua carriera ha lavorato come regista di varie produzioni teatrali di Broadway e off-Broadway.
Cosa si è portato dietro nel suo bagaglio professionale di quelle importantissime esperienze?
“Prima di passare alle serie televisive ho fatto solamente teatro, con quest’ultimo che ha contribuito tantissimo alla mia formazione.
Il teatro ha contribuito al consolidamento di quel background artistico che mi sono portato dietro nella seconda parte della carriera.
Di quell’esperienza, che ritengo ad oggi preziosa e importantissima, ho conservato una certa metodologia di lavoro legata alla preparazione, oltre all’amore e al rispetto per gli attori.
Il teatro ti fa trascorrere giornate e settimane intere con loro chiusi in un’aula o in una stanza a provare e riprovare le scene, quindi è importante conoscere bene il mestiere e le sue esigenze.
Inoltre, è fondamentale essere in grado di comunicare al meglio quelle che sono le tue intenzioni a chi poi le porterà sul palcoscenico.
Ci vuole dunque uno scambio continuo che dura per molto tempo.
Un lusso, quello del tempo, che invece al cinema e soprattutto in televisione non hai.
Tutto è molto frettoloso e il periodo a disposizione per provare le scene, approfondire e parlare con gli attori dei rispettivi personaggi è sempre risicato.
Ecco perché appena arrivo su un set di una serie cerco di ricreare nel minore tempo possibile e in maniera appropriata lo stesso spirito che si respira in teatro e nel lavoro con una compagnia”.
Lei è conosciuto a livello internazionale per avere diretto tantissime serie di successo che hanno come comune denominatore la commedia brillante e il mondo femminile.
Ha mai avuto paura di rimanere ingabbiato in progetti incentrati unicamente su questi aspetti?
“Ci sono stati sicuramente dei momenti in cui mi dicevo che non avrei più voluto prendere parte a commedie brillanti o a progetti incentrati su figure femminili, nonostante fossero entrambi generi e filoni che amavo e amo ancora dirigere.
Del resto le offerte da parte dei produttori andavano esclusivamente in quelle direzioni, quando in realtà potevo toccare tantissime altre corde.
I no detti, uniti alla pazienza di attendere che arrivassero delle proposte diverse, mi hanno permesso di evadere da quella che stava diventando al contempo una gabbia e una comfort zone.
Adesso quando capita di tornare a firmare la regia di quel tipo di progetti, devo dire che mi diverto e mi sento molto più libero che in passato”.
David Warren, tra le serie che ha firmato, quale ritiene quella che rispecchia di più la sua visione?
“Di recente ho diretto alcuni episodi di una serie Netflix davvero molto divertente, buffa e brillante dal titolo Glamorous.
Artisticamente non si smette mai di crescere e in quel caso penso di essere maturato da un punto di vista registico, perché stilisticamente lo ritengo uno show davvero interessante per la mescolanza di un linguaggio cinematografico molto sofisticato con una chiave comica assai delicata.
Non era facile fare coesistere questi due elementi, ma credo di esserci riuscito.
Probabilmente questo è anche uno dei motivi del suo successo.
In venticinque anni di carriera di serie ne ho dirette tante e di molte mi ritengo soddisfatto del risultato.
Glamorous è una di queste”.
Ssi è mai sentito sull’orlo di un precipizio?
Ha mai temuto un fallimento che potesse in qualche modo mettere in discussione il suo percorso professionale?
“Alcuni anni fa ho firmato la regia di alcuni episodi della quarta stagione di una serie dal titolo In Plain Sight – Protezione testimoni, che in Italia è andata in onda se non erro nel 2015 in chiaro sul canale TOP Crime.
Si trattava di uno show action-comedy dove c’erano moltissime scene d’azione e devo ammettere che il dirigerle mi metteva sempre moltissima ansia.
Tutte le riprese le ho vissute in un perenne stato di panico, ma alla fine il risultato è stato più che soddisfacente e con il senno di poi è qualcosa che rifarei, stavolta però cercando di godermela e di divertirmi di più.
In generale ricordo quell’esperienza come una delle più difficili della mia carriera e quella dove sicuramente mi sono preso la mia bella dose di rischi”.
David Warren, cosa le piace e cosa no della produzione seriale di questi ultimi anni?
“Mi piace il fatto che ci siano tantissime opportunità, perché con tutte queste piattaforme che ci sono attualmente in circolazione la richiesta di contenuti è aumentata e di conseguenza anche l’offerta.
Ciò significa che per chi fa il mio mestiere le possibilità di lavorare sono cresciute rispetto al passato.
Di contro, la stessa abbondanza porta a un abbassamento della qualità a scapito della quantità.
In più, c’è una maggiore ossessione nei confronti del risultato e del livello di gradimento da raggiungere a tutti i costi, tant’è vero che moltissime serie vengono cancellate dopo la stagione inaugurale.
Prima invece si dava allo show di turno il tempo per conquistarsi un pubblico, mentre adesso deve giocoforza esplodere e avere un successo immediato.
Quest’ultimo però non dipende più dalle recensioni o dall’audience, piuttosto da un buon passaparola.
La cosa più importante in questo momento è che la gente ne parli.
Positivamente o negativamente è relativo.
L’importante è che se ne parli.
È questo ora a fare la differenza.
Spesso è da qui che dipende il destino di un prodotto televisivo.
Il che significa che anche i progetti riusciti non avranno necessariamente una seconda chance”.
David Warren, quali sono i prossimi step?
Quale upgrade spera per il suo futuro dietro la macchina da presa?
“In questo momento desidero fare solamente le cose che mi piacciono e che mi interessano veramente.
Non sono per niente ricco e devo comunque lavorare per vivere, ma penso di avere e di guadagnare abbastanza soldi per permettermi di non dovere accettare tutto quello che mi viene proposto.
All’inizio della mia carriera televisiva, che è cominciata piuttosto tardi, prendevo parte a molti più progetti rispetto ad oggi.
Adesso che ho raggiunto uno status e non ho le stesse esigenze del passato, come quelle di farmi conoscere e raggiungere determinati risultati, aspetto con molta più pazienza che arrivi l’offerta giusta, che mi soddisfi e convinca al 100%.
In futuro mi piacerebbe fare qualcosa di completamente diverso rispetto a ciò che ho realizzato sino a questo momento.
In tal senso mi sento pronto a dirigere delle serie di grande impatto visivo, tecnicamente e produttivamente complesse come possono essere Il Trono di Spade o Shōgun.
Ovviamente c’è bisogno che i produttori e i committenti in primis cambino l’idea che hanno di me e del mio lavoro, dandomi la possibilità di confrontarmi con progetti di quel tipo.
E questo non è per nulla semplice perché, come ho detto all’inizio dell’intervista, se fai qualcosa che riscuote successo sia gli addetti ai lavori che il pubblico tende a identificarti e a ingabbiarti in un dato genere o filone, che nel mio caso possono essere le storie al femminile come Desperate Housewives, Gossip Girl o Ugly Betty.
Poi spero di riuscire a girare anche una serie in Italia, cosa che prima non volevo e non potevo fare per diversi motivi.
Sto parlando con alcuni produttori per fare in modo che ciò possa avvenire da qui ai prossimi anni.
In tal caso sarebbe l’ennesima sfida della mia carriera che da un lato di spaventa e dall’altra mi affascina ed entusiasma moltissimo”.
Leggi anche: