Cinzia TH Torrini: l’Arte non la puoi comprare
Cinzia TH Torrini

Cinzia TH Torrini: l’Arte non la puoi comprare

11 Gennaio 2025

Dietro il successo di molte produzioni audiovisive degli ultimi trent’anni c’è lei, Cinzia TH Torrini.

Non c’è alcun dubbio che il merito di tali riscontri debba essere attribuito in gran parte al suo lavoro dietro la macchina da presa. Il suo nome è infatti legato in maniera indissolubile a titoli che hanno lasciato il segno nella storia della tv generalista, entrando di fatto anche nell’immaginario di diverse generazioni: da Piccolo mondo antico a Elisa di Rivombrosa, da Donna detective a Don Gnocchi – L’angelo dei bimbi, passando per Terra ribelle, La Certosa di Parma e Sorelle.

Queste sono solo alcune delle importanti opere che portano la sua firma.

Tante altre, comprese quelle cinematografiche (su tutte Hotel Colonial), fanno parte di una filmografia ricca e variegata alla quale di recente si è aggiunta la pellicola dal titolo Sei nell’anima, il biopic targato Netflix dedicato agli esordi di Gianna Nannini.

Abbiamo incontrato e intervistato la regista fiorentina a margine della cerimonia di chiusura della settima edizione del Saturnia Film Festival, laddove è stata insignita del “Premio Donne nel Cinema”, prestigioso riconoscimento assegnato ogni anno dalla kermesse toscana ad una personalità femminile di spicco del cinema italiano.

Cinzia TH Torrini: l’Arte non la puoi comprare
Cinzia TH Torrini con il Premio “Donne nel Cinema” al Saturnia Film Festival

Cinzia TH Torrini, a che punto del percorso artistico pensa di essere?

“Quando completo un lavoro, al quale come sempre dedico tutta me stessa indipendentemente che si tratti di un film o di una serie, mi sento di dover ricominciare ogni volta da zero, poiché sono chiamata a entrare con il progetto successivo in una nuova storia che non so mai dove mi porterà.

Motivo per cui non c’è mai un punto di arrivo, semmai qualcosa dal quale ripartire.

Certamente ho un percorso lungo alle spalle ed è chiaro che bisogna fare anche i conti con l’età e gli anni che passano, ciononostante continuo ancora a chiedermi che cosa farò da grande”. 

Cosa spera di trovare in una sceneggiatura e non deve mai mancare in un suo progetto audiovisivo?

“In tutte le opere che ho fatto, anche quelle che mi hanno proposto, ho sempre cercato qualcosa capace di toccarmi dentro e alla quale a mia volta potessi dare qualcosa di personale.

Non ho mai scelto o accettato progetti per la televisione e il cinema che non rispettassero tali criteri, che da subito sono diventati e continuano ancora oggi ad essere un’esigenza.

In generale cerco di fare mio il progetto e di scavare nelle psicologie dei personaggi, andando dietro per esplorare cosa c’è oltre la superficie, alla ricerca delle motivazioni del loro agire e pensare, ma anche delle sfumature, perché nessuno di noi è solo nero o bianco.

Insomma vado alla ricerca di tutte queste cose e quando non ci sono provo a immaginarmele e chiedo agli autori di inserirle nelle sceneggiature”.

Cinzia TH Torrini: l’Arte non la puoi comprare
Cinzia TH Torrini

Cinzia TH Torrini, molte delle storie che ha raccontato sul grande e piccolo schermo sono caratterizzate da un forte attaccamento alla realtà.

Le è capitato in più di un’occasione di realizzare biografie in film o serie tratte o ispirate a vicende vere.

In che modo questo influenza o ha influenzato il suo processo creativo e il suo approccio alla storia?   

“Credo di saper lavorare solo in un modo.

Anche quando ho fatto la miniserie tratta dalla storia di Don Gnocchi mi sono confrontata con la sua figura in maniera vera e onesta.

L’Arte in tal senso ha per me qualcosa di spirituale, o meglio di immateriale che non si può comprare, ma che ti arriva attraverso suoni, immagini o emozioni.

Siamo degli esseri umani fatti non solo di corpo e mente, per cui la creatività, che è un elemento imprescindibile del e nel mio lavoro, può venire e nascere anche da altro”. 

Cinzia TH Torrini, il suo sguardo è rivolto spesso al passato.

È perché ritiene il presente meno interessante?

“In questo momento storico sono molto delusa dalle cose che stanno accadendo, dall’umanità e dalla sua incapacità di imparare dagli errori.

Forse perché faccio parte di quella generazione che credeva nell’Europa unita ed era contro ogni forma di conflitto.

Motivo per cui vado a ricercare nel passato quei valori e ideali che a mio avviso sono venuti meno, nella speranza che il mostrarli nelle mie opere possa in qualche modo far riflettere lo spettatore di turno sulla loro assenza.

Questo mestiere per il quale ci vogliono passione, sacrificio e tanta disciplina, io l’ho sempre vissuto come una missione.

Quindi provo attraverso di esso e alle storie che racconto a proporre delle soluzioni ai problemi odierni, quelli ovviamente che sono alla mia portata, perché non ho la presunzione di fermare le guerre o guarire tutti i mali del mondo.

Soluzioni che riguardano le piccole grandi cose della vita, la famiglia e la gioventù. I miei film e le mie serie si concentrano su di essi”.    

In che modo il riavvolgere le lancette dell’orologio è servito alla sua arte per riflettersi nel presente?

“La mia prima opera in costume è stata la miniserie tratta da Piccolo mondo antico.

Rileggendo a distanza di tempo dal periodo scolastico il romanzo di Antonio Fogazzaro ci ritrovai nei dialoghi e nei rapporti tra i personaggi degli elementi estremamente attuali rispetto all’epoca.

Quel lavoro mi fece capire che anche se stavo raccontando il passato, le psicologie, le emozioni e i caratteri delle persone sono gli stessi.

Noi cambiamo sulla base degli usi e dei costumi, ma come essere umani rimaniamo sempre uguali e commettiamo pure gli stessi errori.

Raramente impariamo da essi.

Se penso invece a Elisa di Rivombrosa ho cercato di portare la verità e la realtà nel Settecento.

L’ho fatto mettendo da parte il linguaggio aulico con il quale erano stati scritti i romanzi che avevano ispirato la serie, tra cui Pamela, o la virtù premiata di Samuel Richardson, facendo parlare i personaggi in una maniera più vicina a noi.

Quello è stato il modo per rendere le storie narrate e i suoi protagonisti più attuali. Forse è stato anche quello il segreto del suo successo”.

Cinzia TH Torrini: l’Arte non la puoi comprare
Cinzia TH Torrini

A proposito di Elisa di Rivombrosa, a distanza di anni che ruolo pensa abbia avuto nella sua carriera e quanto ne ha influenzato il cammino?

“Da una parte è stato un progetto che mi ha dato tanta popolarità, dall’altra ha sicuramente segnato il resto della mia carriera.

Sono stara etichettata come la regista di fiction televisive e anche il mondo del cinema ha iniziato a guardami un po’ dall’alto verso il basso, ma sono comunque andata avanti per la mia strada.

Inizialmente non volevo dirigere la serie perché fino a quel momento avevo realizzato opere che raccontavano storie molto più impegnate e forti.

Ero titubante, però poi ho deciso di accettare quando ho compreso che la chiave di tutto era l’amore.

L’amore è un sentimento universale, qualcosa che unisce e quella narrata in Elisa di Rivombrosa mi sembrava una storia bellissima, meritevole di essere raccontata in maniera vera, vissuta e non finta.

E così è stato”.

Cinzia TH Torrini, come donna e regista quali sono state le battaglie che ha dovuto affrontare nel corso della sua carriera e come le ha affrontate?

“Durante gli anni di studi all’Accademia di Cinematografia di Monaco di Baviera oltre a realizzare i miei progetti ho preso parte anche a quelli dei miei compagni di corso.

Grazie a queste esperienze sul campo ho potuto acquisire tutta una serie di competenze nei diversi reparti che mi hanno permesso di arricchire il mio bagaglio professionale.

Ciò mi ha dato in dotazione delle importanti conoscenze e capacità tecniche che si sono rivelate fondamentali negli anni a venire per quanto concerne il controllo del set e la guida delle maestranze.

Di conseguenza nessuno poteva dirmi se una cosa si poteva fare oppure no, poiché avevo la preparazione giusta per capirlo da sola.

Questa è stata la prima arma che ho utilizzato per farmi accettare come giovane donna in un mondo complesso come quello del cinema e dello spettacolo in generale.

Le difficoltà semmai sono venute dopo.

Nonostante i miei primi film, ossia Giocare d’azzardo e Hotel Colonial, sono stati apprezzati sia dal pubblico che dalla critica, i pregiudizi da parte degli addetti ai lavori e non solo nei confronti di una donna che faceva la regista e che raccontava storie di uomini sono sempre stati molto forti.

Persino dopo il successo ottenuto con Elisa di Rivombrosa hanno sempre cercato di farmi raccontare prevalentemente vicende al femminile”.   

Cinzia TH Torrini: l’Arte non la puoi comprare
Cinzia TH Torrini sul set di Sei nell’anima, il film Netflix dedicato alla gioventù di Gianna Nannini

Se dovesse pensare tra le tante soddisfazioni e gioie che questo mestiere le ha regalato negli anni a delle delusioni, cosa le torna in mente?

“Beh, sicuramente quella legata al trattamento riservato al mio secondo film dal titolo Hotel Colonial è stata davvero cocente.

Era un film al quale tenevo moltissimo, con un cast formato da attori del calibro di Robert Duvall e Massimo Troisi.

La pellicola registrò nel primo weekend il record assoluto di spettatori, eppure il mercoledì successivo venne tolto dalle sale perché i produttori e i distributori americani che ne avevano acquisiti i diritti ritenevano di avere incassato il giusto e di essere rientrati dell’investimento.

Ho scoperto successivamente che venne scelto all’ultimo momento per sostituire un altro film prodotto da George Lucas che stava andando molto male, ossia Howard e il destino del mondo, e che indipendentemente dai risultati ottenuti al botteghino sarebbe rimasto in programmazione comunque una sola settimana per lasciare spazio a La famiglia di Ettore Scola.

Un’altra invece è più recente e riguarda Sei nell’anima, il biopic che ho realizzato su Gianna Nannini.

Sono felice che il film sia andato su Netflix in centonovanta Paesi e che tutti gli amici che ho in giro per il mondo possano vederlo, ma al tempo stesso il dispiacere di non averlo potuto ammirare e mostrare sul grande schermo è stato molto forte.

Secondo me la gente che vive nei piccoli centri e tutte quelle persone che non sono abbonate alla piattaforma avrebbero preso la macchina pur di andare a vedere in una sala cinematografica un film che parlava della storia di una cantante così popolare come la Nannini.

Eppure chi di dovere non ha ritenuto di dare a quell’opera quel tipo di visibilità, preferendo l’uscita diretta in streaming. Davvero un gran peccato”.   

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