Meriem Delacroix e l’arte sinestetica: il sapore di un paesaggio e il tatto di un colore
Meriem Delacroix

Meriem Delacroix e l’arte sinestetica: il sapore di un paesaggio e il tatto di un colore

13 Marzo 2024

Meriem Delacroix, giovane artista nata nel 1988 da genitori parigini, rappresenta un perfetto mix tra un innato talento per la pittura e una condizione neurologica particolare.

All’età di 26 anni le comunicano, infatti, di essere affetta da sinestesia, condizione fisiologica in cui i sensi si contaminano tra loro.

Sinestesia che, per Meriem Delacroix, diventa subito un punto di forza.

Meriem Delacroix e l’arte sinestetica: il sapore di un paesaggio e il tatto di un colore
Meriem Delacroix

I paesaggi delle sue opere hanno un sapore, i profumi un colore, gli oggetti immobili suonano e i colori sono associati a sensazioni tattili e uditive.

Un altro vantaggio è che a un sinestetico non servono supporti, in quanto più sensi sono naturalmente coinvolti nella percezione della realtà.

Per Meriem Delacroix, che, fino alla diagnosi di sinestesia era convinta che “tutti vedessero la musica come lei”, la tecnica che rappresenta al meglio questa sua capacità è l’astrattismo,.

“É l’unico modo – parole sue – attraverso il quale posso riprodurre le sensazioni visive che perce­pisco, anche perché all’inizio pensavo che, per le persone, i clacson delle macchine fossero rossi o che il frinire delle ci­cale avesse un sapore acido”.

Questo superpotere Meriem lo condivide attraverso le sue tele, che aprono nuovi orizzonti anche ai non addetti ai lavori, rendendo visibile e dando forma ad un mondo invisibile per la maggioranza delle persone.

Meriem Delacroix, l’infanzia e il percorso scolastico

In una precedente intervista ha dichiarato che ha preso in mano i colori prima di iniziare a camminare. Cosa ricorda di lei bambina a contatto con i colori?

C’è qualche soggetto, o tema, che prediligeva? Su cosa si concentrava?

“Quando ero piccola usavo i colori per comunicare.

Ho iniziato a parlare “tardi” (verso i 3 anni e mezzo) e prima mi esprimevo tramite i colori: quando avevo fame, usavo il verde, quando non stavo bene, il rosso, e così via.

Non capivo perché la gente non mi comprendesse. Quindi devo dire che i soggetti che prediligevo erano le sensazioni!

Poi con l’arrivo degli anime, ho iniziato a disegnare Lady Oscar, ricordo è stato il primo soggetto che volevo a tutti i costi rappresentare”.

Meriem Delacroix e l’arte sinestetica: il sapore di un paesaggio e il tatto di un colore
Meriem Delacroix, Rain Soundscapes – Winter, courtesy delacroixstudio.art

Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Verona. Gli anni della scuola superiore sono stati utili per indirizzarla verso l’astrattismo oppure è stata una scelta successiva?

“Alle superiori facevo dei gran bei ritratti durante le ore di matematica!

Ho frequentato un indirizzo non adatto a me, e non per mia scelta: il liceo scientifico, che per me è stato un girone infernale.

Ho l’ADHD e a quei tempi (taaaanti anni fa) eri considerata solo la studentessa “pigra”, “svogliata”, “stupida”.

Quindi mi concentravo sull’unica cosa che sapevo fare bene: il disegno.

Credo che alla maturità mi abbiano promossa per pietà.

Finite le superiori, ho iniziato a frequentare l’Accademia di Belle Arti… dandomi all’iper realismo!

L’astrattismo è arrivato 5/6 anni dopo, quando mi hanno diagnosticato la sinestesia”.

Meriem Delacroix, la diagnosi di sinestesia

Cosa ha provato quando le è stata certificata la condizione di sinestesia?

Ha spiegato che si distrae facilmente, come se avesse un deficit di attenzione, che, però, forse per un artista è positivo, nel senso che, distraendosi facilmente, riesce a cogliere nuove connessioni con la realtà, oppure no?

Quali sono, secondo lei, i punti di forza della sinestesia?

“All’inizio ero abbastanza frastornata: la sinestesia mi è stata diagnosticata a 26 anni, per cui abbastanza tardi. Prima di allora, ero convinta che tutti vedessero la musica come me! È stato uno shock sapere che non era così.

Quando sono tornata a casa ho deciso che avrei completamente cambiato stile, per far vedere a tutti quello che vedevo io, e mi sono data all’astrattismo.

Per me essere distratta è letteralmente una parte di me, seguo il flusso delle cose per vedere dove mi porta, cosa mi fa vedere e provare, e questo è un costante spunto per la mia produzione artistica”.

Meriem Delacroix e l’arte sinestetica: il sapore di un paesaggio e il tatto di un colore
Meriem Delacroix, Rain Soundscapes, courtesy delacroixstudio.art

Nel suo sito la definisce “un balletto sensoriale vivido e continuo, dove ogni stimolo orchestra un coro di risposte”. Come gioca con i colori? Può farci un esempio?

“Ogni dipinto è una performance: viene creato tramite lo stimolo costante della sensazione: quando dipingo la musica la metto in sottofondo, quando dipingo il profumo di un temporale esco sotto la pioggia con la tela e così via.

La sinestesia non è solo visiva, è tattile, è uditiva e così via e nei miei quadri riproduco anche questo usando anche colori materici e giocando con le forme.

Non si possono solo vedere ma anche toccare – e no, non si rovinano”.

Due sue opere sono ispirate al mondo musicale, una ai Guns N’ Roses e un’altra a Elvis Presley. Quanto è importante la musica per lei? Ci sono gruppi o artisti che la influenzano maggiormente? Oppure canzoni che possono essere tradotte sulla tela?

“Tutte le canzoni possono essere tradotte sulla tela.

Il bello di avere la sinestesia è che, vedendo i suoni, ogni singolo stimolo è un’occasione per creare qualcosa.

La musica che amo di più riprodurre, perché “mi accarezza il cervello”, è la musica elettronica: mi fa vedere così tanti colori!

La musica, inoltre, per me è una cura.

Quando voglio immergermi in un mondo diverso mi basta mettere qualche brano in base al mio umore per esaltarlo ulteriormente con lo stimolo visivo”.

Meriem Delacroix, la tecnica pittorica

Quando crea, usa la tecnica di stimolazione da lei definita “ascolto colorato”.

Ha affermato che “si autoinduce la sensazione che vuole dipingere.

Quando, per esempio, dopo aver sfornato il pane, si è calata nel suo profumo, gustandone il sapore ha dipinto, nello stesso momento, la sensazio­ne visiva sulla tela, quindi ha reso vivo il sapo­re del pane sull’opera”.

A livello psichico, può raccontarci cosa succede? Si ha una iper eccitazione oppure una grande serenità interiore?

“Direi decisamente la prima.

Tutti i sensi lavorano tra di loro, il profumo dà vita ad immagini e suoni, il tatto anche, e così si ha una vera e propria iperstimolazione.

Anche andare a fare la spesa però è iper stimolante, e così qualsiasi cosa normale come prendere un mezzo pubblico o andare al ristorante.

Nella vita infatti sono una persona che fatica a partecipare a troppi eventi sociali, e quei pochi a cui partecipo poi mi richiedono parecchi giorni di silenzio e solitudine per riprendermi.

È necessario per me vivere lontano dalle città e dai rumori di qualsiasi tipo”.

Meriem Delacroix e l’arte sinestetica: il sapore di un paesaggio e il tatto di un colore
Meriem Delacroix, Storm, courtesy delacroixstudio.art

Ci sono, se ne ha, artisti contemporanei e non che per lei rappresentano dei punti di riferimento?

“Molta gente non sa che c’erano svariati artisti sinestetici: per esempio Van Gogh, Kandinskji e molti altri. Sono quelli che osservo con più attenzione, per cercare di capirli fino in fondo, per analizzare qualche nuovo dettaglio che colgo con il tempo.

Per quanto riguarda gli artisti contemporanei, ce ne sono una marea che adoro, non saprei neanche da dove iniziare.

Però, se posso dare un’opinione generica per chi si avvicina all’arte, è quella di seguire gli artisti contemporanei: saranno loro ad essere esposti, un giorno, nei musei”.

Meriem Delacroix, il rapporto con la scrittura

Lei ha scritto un libro, dal titolo “Si vive solo due volte”, in cui tratta della sua esperienza. Come è nata questa esigenza della scrittura?

“Ho avuto una vita molto impegnativa fin da piccola e poi da adolescente.

Ho vissuto gli abusi, senza il supporto della famiglia, ho iniziato a lavorare a 16 anni mentre ancora studiavo, con tutte le difficoltà del caso.

Questo libro è nato dal confronto con le persone strette, che mi hanno spinta a scrivere questo piccolo saggio di filosofia che parla di come superare il dolore e invita al pensiero critico”.

Quali, nel suo caso, le differenze con il processo creativo pittorico?

“Ho sempre trovato meraviglioso e unico il processo creativo di ogni persona: quando studiavo Belle Arti, restavo affascinata nel vedere i miei compagni concentrarsi, meditare e poi dipingere.

Il mio processo è invece una costante performance: non siamo solo io e la tela, ma anche i sensi oltre alla vista: i profumi, i suoni, le sensazioni.

Da lì nascono i miei quadri, catturo l’essenza invisibile e le do forma e colore in modo che tutti possano vederla”.

Ringrazio Francesca Caon e la redazione per questa opportunità di parlare assieme di arte e di questa condizione neurologica ancora poco conosciuta che è la sinestesia.

https://luxurypeople.eu/amelie-daure-la-recitazione-e-la-ricerca-di-onesta-e-verita/

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